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lunedì 21 gennaio 2013

2012, la fine di un mondo



Riporto questo articolo, anche se non lo condivido affatto, ma che comunque trovo significativo nel desiderio di mettere UN PUNTO A CAPO, di operare una RIPARTENZA che ormai, anche nella campagna politica in atto, risuona su tutti i media. Questo articolo di Enzo Di Frenna da Il FattoQuotidiano si intitola “La fine di un mondo” e dice “... C’è un’aria di crollo della civiltà. L’oscuramento della coscienza spirituale si riflette nel debito che strozza gli Stati, nell’impoverimento dei popoli, nella crisi ambientale più nera nella storia dell’umanità. Forse le profezie Maya sono nient’altro che la fine di un mondo costruito sul controllo e il dominio: risorse, energia, teleschermi, finanza, consumi illimitati. Una follia che non poteva durare a lungo...”.

venerdì 30 novembre 2012

Nel mondo c’è bisogno di leadership



Ecco una mia intervista in cui spiego uno dei miei concetti chiave, ‘risvegliare giganti’. Questo significa che oggi nel mondo c’è un enorme bisogno di leadership e tutti i Paesi, particolarmente l'Italia, hanno bisogno di aziende, Istituzioni e persone che siano giganti e leader. GUARDA L’INTERVISTA.

mercoledì 14 novembre 2012

L’antropologia nel dopoguerra e in Italia




Negli anni 1950 e 1960, l’antropologia si rivolge verso una sempre maggiore integrazione con le scienze naturali. I maggiori campi di interesse furono i processi di modernizzazione per lo sviluppo degli stati indipendenti (Lloyd Fallers e Clifford Geertz), lo sviluppo delle società e la loro occupazione della propria nicchia ecologica (Julian Steward e Lesile White) e studi di economia influenzati da Karl Polanyi (Marshall Sahlins e Greg Dalton). In Gran Bretagna nacquero scuole influenzate dal marxismo o dallo strutturalismo. Uno dei nomi più importanti nell'antropologia italiana è sicuramente quello di Ernesto de Martino, con i lavori sul tarantismo e sul lutto, con approccio derivato da quello gramsciano. Un esempio tutto italiano di approccio etnografico utilizzato per studiare fenomeni culturali della società contemporanea, è lo studio del tifo calcistico attraverso lo schema del ‘gioco profondo’, ideato da Clifford Geertz per analizzare la tradizione culturale del ‘combattimento dei galli’ nelle popolazioni balinesi. APPROFONDISCI.

lunedì 5 novembre 2012

I Miti contemporanei: simili a pop up di un immaginario a tempo determinato...



E’ uscito da un paio di mesi, edito da Bompiani, un libro interessante: “Miti d’oggi” di Marino Niola, antropologo della contemporaneità e Professore all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Ecco come sul suo sito recensisce il libro: “iPad, You Tube, Twitter,  low cost, Facebook, Wi-fi, outlet, happy hour, giovinezza, velocità, bellezza, magrezza. Sono i miti d’oggi, i simboli che danno corpo a sogni e incubi, passioni e ossessioni del presente. Ologrammi della mutazione antropologica di cui siamo attori e spettatori, questi oggetti-concetti hanno gli stessi caratteri del nostro tempo. Velocità, leggerezza, virtualità, interinalità. A differenza dei miti antichi che erano delle grandi narrazioni, fatte per durare, quelli contemporanei sono dei pop up dell’immaginario, delle mitologie a tempo determinato. Sono dei mitoidi. Stelle provvisorie che si staccano dalla nebulosa incandescente di una realtà che cambia alla velocità della luce. Appaiono e scompaiono come asteroidi del senso che infiammano l’etere contemporaneo prima di diventare lune morte della ragione”.

lunedì 29 ottobre 2012

Il mondo bancario deve essere il promotore della ripresa dell’Italia



Mi ricordo, qualche anno fa, di avere fatto visita ad un famoso venture capitalist milanese che aveva finanziato da poco quella che sarebbe divenuta una grande impresa nel mondo della telefonia; nel suo studio c’era una grande foto che ritraeva 4 personaggi barbuti e capelloni della fine degli anni ’70 con una scritta: ‘Investireste in questi ragazzi?’. Questi giovani erano Bill Gates e i suoi collaboratori… Per questo motivo le start up sono importanti ed è fondamentale finanziarle e crederci, soprattutto in Italia. L’assenza delle banche in questo senso pesa ma mi auguro che la loro rinascita dia la possibilità di ritornare alla mentalità del dopoguerra e dei primi anni ’60 in cui il mondo bancario si è rivelato il promotore della ripresa di questo Paese. g. mascitelli