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lunedì 26 novembre 2012

Da un Premio vinto...



Per essere al vertice di un'azienda e rimanerci, bisogna sviluppare diverse abilità.Una di queste è saper parlare in pubblico con disinvoltura. A questo proposito posso definirmi uno speaker professionista. Ho partecipato come relatore a centinaia di incontri, con poche decine di spettatori o parecchie migliaia. Per un professionista, salire sul palco e parlare è come per un pilota di F1 fare un giro di prova. Eppure sul palco a ritirare il primo premio ‘Unconventional Event BEA - Best Event Awards of Italy’, l'emozione mi ha sopraffatto e ho dovuto tagliare corto il mio discorso perché sentivo che le lacrime erano in arrivo e premevano per sostituire le parole. Emozionarsi, rompere la routine ipnotica: forse è proprio questa l'essenza degli eventi e, francamente, è difficile emozionare gli altri se noi stessi non ci mettiamo in gioco con le nostre emozioni. Di tutti i premi che ho avuto la fortuna di conquistare nella mia carriera questo è il più bello. Da pochi mesi ho avviato la mia attività imprenditoriale dopo 30 anni nel Gruppo Mediolanum; praticamente dalla fondazione… Ho deciso di lasciare la mia "Confort zone" e un' offerta veramente generosa per rimanere, perché pensavo che tutto quello che avevo imparato e scoperto (non finirò mai di ringraziare chi mi ha dato questa possibilità) poteva essere messo a fattor comune per questo Paese. E, non da ultimo, volevo che le straordinarie attività che avevo potuto promuovere non diventassero per me e per l'azienda routine.

Ecco, tutti noi ci lamentiamo di mille cose che non vanno ma mettersi veramente in gioco è un'altra cosa. Fa parte del rinunciare, almeno nell'immediato, a 2 cose a cui tutti anelano: il denaro ed il potere. Intendiamoci, senza il denaro e senza il potere, nella vita non si combina nulla. Ma se il denaro ed il potere diventano irrinunciabili e sopratutto diventano la misura di tutto, ecco che la coscienza si corrompe, la creatività soffre ed il coraggio languisce. Sono convinto che in questo Paese ci siano uomini e aziende che sono giganti. Giganti addormentati che bisogna destare. La paura,il proliferare di mille media che ci inseguono in ogni istante della nostra vita e che rimbalzano i segnali, le cifre della paura stessa, stanno paralizzando un Paese che, a ben leggere i numeri, è nella realtà molto più florido di quello che vogliono farci credere.
Ho sempre trattato le strategie comunicative sotto diverse angolature e non trascurando nessun media.
Oggi però sono partigiano e, visto che solo forti emozioni possono risvegliare i Giganti, sono convinto che gli eventi possano in questo momento giocare un ruolo importantissimo nella ripresa del Paese. Anche per la loro contaminazione naturale con il mondo social che ne anticipa e ne prolunga la vita. Oggi gli eventi non possono essere che "Unconventional" per la loro capacità di destarci dal torpore della paura e per la loro capacità di vivere con disinvoltura nella rete, con naturalezza senza forzature. Anche il rapporto con il cliente, con l'azienda è "Unconventional". Se chi deve comunicare non è innamorato dell'azienda, dei suoi prodotti dei suoi valori, beh, finirà per fare una "marchetta" che nelle dinamiche di oggi significa fare un po' di fatturato per la propria organizzazione e scarsi risultati per l'azienda.

Ho vinto, con Filmare GroUP l’‘Unconventional Event BEA - Best Event Awards of Italy’ con Gessi Underground Experience. Come si fa a non essere innamorati dell' azienda Gessi? Valori forti, prodotti straordinari, attenzione maniacale all'ambiente. Continua sperimentazione e voglia di crescere. Senza il loro Dna così adatto ad affrontare tempi ardui come questi, tutto il mio lavoro sarebbe inutile. Poi c'è il team. In tutte le attività il team è importantissimo ,le aziende sono fatte di uomini, ma negli eventi dove vige la dittatura della diretta, dove non c'è una seconda possibilità, l'affiatamento, il capirsi con uno sguardo, il conoscere in anticipo cosa si può chiedere o cosa si può ricevere è importantissimo. E' stato bellissimo, ricominciando da capo, ritrovare i vecchi compagni di tante battaglie e ritrovarsi ancora insieme, con pochi soldi, tanti sogni e sopratutto un patrimonio di conoscenze e di amicizia che non ha eguali.
Certo non è facile. Iniziando questa nuova impresa, a fronte di un successo insperato per i tanti marchi importanti che si sono rivolti a noi, abbiamo trovato mille difficoltà, perché veramente nessuno aiuta in questo Paese chi ha voglia di fare. Tutto è terribilmente complicato e spesso ci sentiamo indifesi rispetto alle mille prepotenze vecchie e nuove che imperversano in questo Paese Far West. Poi arriva il premio Bea e noi piccolini svettiamo insieme al nostro cliente in mezzo ai giganti. Dunque c'è speranza per gli uomini e le aziende di buona volontà… Svegliamoci Giganti!".

lunedì 22 ottobre 2012

Il risparmiatore moderno come il cacciatore-raccoglitore



La mente dell’uomo studiata dagli psicologi assomiglia di più a quella del nostro antenato, il cacciatore-raccoglitore, che non a quella auspicata dagli economisti. I modi di ragionamento sub-ottimali, ma di rapida esecuzione, hanno fatto perire molti individui ma il loro sacrificio ha fatto sopravvivere la specie. Come il suo antenato, quindi, il risparmiatore-investitore odierno sceglie anche in mancanza di informazioni complete e, se non sceglie, sceglie lo stesso. Purtroppo la fonte di informazioni per una scelta saggia non è più la sua esperienza passata o quella dei pochi amici e parenti della sua tribù. E’ consapevole della limitatezza della sua esperienza e perciò va da un esperto che sa dare i consigli giusti. Trova così un consulente bancario e vi si affida con lo stesso entusiasmo del suo antenato. Purtroppo l’entusiasmo è accompagnato, proprio come nel caso del suo antenato, da una medesima cecità nel diagnosticare la competenza del presunto esperto, auspice o consulente che sia, a cui si è rivolto. Il risparmiatore-investitore finirà così per decidere con gli stessi strumenti mentali del quasi-contadino, perché da più di dieci millenni la mente umana non è cambiata. I tempi del cambiamento e dell’adattamento a nuovi scenari sono una questione cruciale per la disciplina della finanza comportamentale e anche il profilo del rischio è parzialmente vincolato dalla natura della mente umana. Non dipende tanto dalla cultura in cui siamo immersi ma dalla nostra storia naturale (che agisce su tempi lunghissimi), anche se ciò non toglie che esistano culture e ambienti che ci abituano a rischiare e che ci siano persone pronte ad assumersi rischi anche a fronte di vantaggi incerti. Alla percezione del rischio di una persona, in definitiva, concorrono tre tipi di fattori; la mente, la cultura e la personalità. In altri casi l’influenza dei fattori culturali è massiccia, quasi esclusiva. (Studio di Paolo Legrenzi da “Psicologia e investimenti”, a cura di Andrea Gennai, Il Sole 24 Ore).