lunedì 24 gennaio 2011

Il rumore dell’immagine. La televisione come profezia, una definizione degli anni ’70 del gruppo di Jervis Comba

In un testo degli anni ’70 il gruppo di Jervis Comba (conosciuta per la prefazione a Ronald David Laing, 'L'io diviso') adoperava visionarie metafore per definire la televisione, paragonandola ad episodi dell’Antico Testamento. Esaminando la rappresentazione dell’annunciazione dell’arcangelo Gabriele a Maria, l’angelo veniva definito contemporaneamente il messaggio e il medium, con riferimento alla definizione di Marshall McLuhan “il medium è il messaggio”. L’iconografia dell’annunciazione diveniva a quel punto “l’annuncio pubblicitario dell’invenzione di un nuovo medium”, cioè la televisione. “Il segnale televisivo percorre senza sosta il mondo immaginale. La profezia è la messa in memoria di questo segnale… In questo teatro della memoria, la profezia è un dato immediato della scienza televisiva… La profezia e l’archeologia magnetica sono le due dimensioni estreme del segnale televisivo, la sua ampiezza”, si affermava. Il tempo della televisione veniva definito il terzo momento, dopo quello del Padre e del Figlio: “la televisione è il medium del terzo tipo. In questo senso la televisione è la realizzazione della profezia. Il compimento dei tempi. L’illuminazione dei tempi andati. Secondo la profezia di Gioacchino da Fiore il tempo del terzo Vangelo… Il tempo dello spirito, il tempo del codice, il tempo del numerico”. L’immagine televisiva, però, proprio come la fiamma che vede Mosè, non è reale e non esiste: “non brucia ed è impossibile contornarla… E’ un’apparizione, il fantasma di un’immagine, un puro simulacro, una leggera illusione. L’immagine della televisione è l’immagine onirica del nostro torpore”. Nel testo si accostava poi la televisione ad un serie di relazioni: “la relazione del terzo tipo non è più nominale, né ‘numeraire’, è numerica: la decifrazione di un codice. Decifrare ciò che è codificato è svelare, scoprire un segreto”. All’interno di queste relazioni la televisione è assimilabile a ruoli umani: “la televisione non ha preso il posto di nessuno. Gli altri si sono cancellati davanti a lei”. Il nuovo medium si sostituisce in particolare, a volte nella rassomiglianza e a volte nella differenza, alla figura del padre e della madre: “le donne sono già riciclate nella pubblicità, ovvero nella televisione. Sono il messaggio pubblicitario: il desiderio di acquisto, cioè la pubblicità stessa. La pubblicità è il messaggio della televisione… La televisione è pubblicitaria e dissipatrice”; al contrario del padre-padrone, invece,“la televisione non è percepita come repressiva. Secerne un rapporto di polo positivo. Non è un’aggressione dall’esterno. E’ ‘di casa’, nella calda intimità, seduce piuttosto che punire” e può avere un ruolo educativo: “la televisione mostra, dà a vedere: mostra come comportarsi, il modo di essere come si deve”.

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