venerdì 20 gennaio 2012

La memoria nell’era tecnologica

Ho trovato molto interessanti le riflessioni sulla memoria di Nicola Cara Damiani sul suo blog, che qui riassumo. Afferma che l’evoluzione tecnologica “ha apportato notevoli cambiamenti nel nostro rapporto con l’ambiente, influenzando anche i processi con cui costruiamo la memoria, personale o collettiva”. I supporti di memorizzazione e i loro standard continuano a mutare e alcuni spariranno a breve perché non sono più assimilabili dal sistema e perché non è detto che i dispositivi di lettura di nuova generazione saranno retro compatibili, a dimostrazione che in ogni caso (e anche oggi) la memoria umana è labile. Cara Damiani sostiene inoltre che “anche Internet è un’altra memoria labile: i siti spariscono, le informazioni cambiano e le wayback machine difficilmente riescono a recuperarle”, sebbene le persone si affidino sempre più alla Rete come a una memoria personale esterna. Questo fenomeno non riguarda una menomazione delle capacità cognitive ma una nuova gestione dei ricordi; “l’attenzione non è più sul dato da ricordare, ma su dove trovarlo; non è più necessario immagazzinare l’informazione, almeno a livello personale, quanto classificarla. La memoria così non si stratifica in relazione al tempo trascorso ma al contenuto. Non è la sequenza dei ricordi a scandirne la solidità e la veridicità, ma la relazione che essi hanno con il resto delle informazioni”. La memoria e la conservazione dei ricordi hanno rappresentato in ogni epoca e per ogni popolo una necessità; i nostri antenati scrivevano e disegnavano sulle pareti delle grotte, oggi possediamo ritrovati tecnologici che immagazzinano dati più o meno organizzati e oggetti che immagazzinano memoria; dice Maurizio Ferraris, professore di filosofia teoretica all’Università di Torino: “il BlackBerry è un oggetto pieno di memoria. Una volta gli oggetti non erano così. Ce n’erano con memoria (per esempio i libri, i dischi, i registratori, i registri) e altri, la maggior parte, senza. I soldi non avevano memoria, erano banconote anonime e non carte di credito o bancomat. I televisori, le radio e i telefoni non ricordavano un accidente. Adesso tutto è cambiato. Facciamoci caso, persino le chiavi hanno memoria. Ormai non c’è oggetto che non possieda una memoria, piccola o grande, ossia che non si riveli in qualche modo intelligente ed eloquente, se interrogato a dovere”.

lunedì 9 gennaio 2012

La teoria di Nicholas Christakis sulla propagazione delle epidemie (sociali) nell’era della raccolta ‘massiva-passiva’ di informazioni

Nicholas Christakis, professore dell'Università di Harvard, è intervenuto nell’edizione 2010 di TED, a Cannes nel giugno 2011, in cui ha parlato della sua teoria, la scienza sociale computazionale, che serve a comprendere il propagarsi delle epidemie anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. In particolare, il professore americano ha studiato le regole matematiche, sociali, biologiche e psicologiche che regolano il tessuto umano e le reti che in esso vengono originate e si è poi concentrato sulle regole che governano la creazione di queste reti, le loro dinamiche e in che modo esse influenzano le nostre vite. Uno dei punti focali di questa teoria sta nella modalità in cui rilevare e soprattutto prevedere le epidemie (intese non soltanto in senso stretto ma riferite ad ogni contagio sociale), individuandone con largo anticipo lo scoppio dei focolai. Nella società le cose, sostiene Christakis, non si diffondono soltanto in maniera casuale ma attraverso reti, al cui centro si trovano alcuni individui; per rintracciare qualcosa che si propaga per la rete bisogna posizionare i sensori su questi individui perché l’epidemia insorge e infetta gli individui centrali prima degli altri. Attraverso di essi e il ‘paradosso dell’amicizia’ si ottiene la rilevazione di qualunque cosa si stia propagando per la rete. Per studiare il propagarsi dell’epidemia sono utili le fonti di informazione, l’interazione via email, le interazioni online, i social network e così via. Secondo Christakis questa è infatti l’era della raccolta ‘massiva-passiva’ di informazioni perché i dati vengono ottenuti passivamente, senza chiedere informazioni. Le nuove tecnologie, infatti, manifestano non solo chi parla con chi ma dove si trovano, cosa pensano in base a quello che caricano su Internet e quel che comprano in base ai loro acquisti. “E tutti questi dati amministrativi possono essere messi assieme ed elaborati per capire il comportamento umano in una maniera senza precedenti; possiamo usare queste conoscenze per migliorare la società e migliorare il benessere dell’umanità” conclude Christakis. PER SAPERNE DI PIU’.

lunedì 5 dicembre 2011

Tribalità e nuovi strumenti di comunicazione

Koert van Mensvoort fa una riflessione sulla somiglianza tra le società tribali e quelle digitali, partendo dalla premessa che, benché viviamo in società più complesse e strutturate, permane in noi una sorta di sensibilità tribale. In rapporto ai parallelismi tra la società della comunicazione tecnologica e il modo di vivere tribale, la prima cosa che secondo lui salta all’occhio è la nostra identità. Come nelle società primitive, anche nell’epoca dei social networks ci chiediamo come le persone ci conoscano e formiamo le nostre identità in base alle nostre amicizie, esibendo le nostre relazioni e scambiandoci simboli assimilabili a totem. I social networks, inoltre, sembrano essere molto più basati sull’oralità che sulla scrittura. La differenza tra società tribale e digitale sta nel fatto che oggi non apparteniamo più ad una sola tribù ma siamo connessi con numerose tribù che costituiscono il villaggio globale di Mc Luhan e che spesso rappresentano corporazioni con incentivi commerciali, che non necessariamente sono orientate al benessere dei membri. “Comunque” conclude van Mensvoort, focalizzando l’attenzione sulle contemporanee tribù digitali, “il terreno del marchio è forte e potrebbe scendere presto in competizione con i confini geografici”. PER SAPERNE DI PIU’.

martedì 22 novembre 2011

I tablet a scuola: modificare i processi di apprendimento..... Intervista a un professore che lo usa con i suoi studenti

Professor Domizio Baldini dell'Istituto Cecco Angiolieri di Siena. Così dice la sua intervista: “Oggi non è più pensabile che l'ambiente di apprendimento sia relegato all'interno delle mura scolastiche. Il sapere, la curiosità di sapere, l'apprendimento, con i dispositivi portatili oggi a disposizione può diventare una attività che si può espandere oltre la classe”. Leggi l’intervista

giovedì 17 novembre 2011

Kahneman, “Thinking, fast and slow”: decisioni a due velocità

Daniel Kahneman, psicologo israeliano e premio nobel per l’Economia, è l’autore del libro “Thinking, fast and slow”, in cui racconta per la prima volta al grande pubblico la sua vita e le sue ricerche sul ruolo che hanno l’istinto e la razionalità nelle nostre scelte. Tutti i meccanismi cognitivi che si celano dietro al nostro agire quotidiano sono ripercorsi attraverso due particolari protagonisti: il sistema 1 e il sistema 2. Il primo è intuitivo, impulsivo, associativo, automatico, inconscio ed è grazie a lui se, per esempio, riusciamo istantaneamente a intercettare la paura sul volto delle persone; il secondo è consapevole, deliberativo, lento (se non addirittura pigro) ed è merito suo se riusciamo a risolvere 17x24. Non sempre, però, questi due sistemi operano nel proprio domino di competenza: questo caso crea uno psicodramma. La maggior parte dei nostri errori è infatti il prodotto di giudizi intuitivi del sistema 1 che non sono passati al vaglio del sistema 2; significa che una decisione è stata presa troppo in fretta. Thinking, fast and slow, spiega come decidere più lentamente e bene favorisce vite più lunghe, sane e felici.

lunedì 7 novembre 2011

ETNO. Indagine su reperti dall’America, Asia, Africa, Oceania in Emilia-Romagna

Coltivare il passato, raccoglierlo e analizzarlo e poi condividerlo.... proprio da una delle regioni più avanzate nel campo della ricerca digitale, proviene ETNO: l’opera di valorizzazione delle raccolte etnografiche presenti sul territorio dell’ Emilia-Romagna che ha preso a partire dal 2004 presso le sedi museali emiliano-romagnole. L’indagine è servita a far emergere un ricco ed eterogeneo patrimonio ETNO, esposto o conservato nei depositi, espressione di culture, gruppi etnici e comunità provenienti da altri continenti (America, Asia, Africa, Oceania) e giunto fino a noi grazie all’opera e alla passione di viaggiatori, di entusiasti e talvolta bizzarri collezionisti o di missionari in terre lontane. Vedi