Cito da un’intervista dell’antropologo francese Marc Augé apparsa su Repubblica il 27 luglio 2011: “nell'antropologia c’è sempre una dimensione critica, giacché essa c'insegna che tutto è cultura. Anche ciò che ci appare come naturale, in realtà, è sempre una costruzione culturale, quindi variabile a seconda dei contesti, delle epoche e delle tradizioni. Questo modo di pensare è evidentemente sovversivo rispetto all’ordine costituito, qualunque esso sia, dato che nega l’esistenza delle verità assolute. L’antropologo si trova sempre in un luogo particolare della grande battaglia planetaria, di conseguenza non riesce mai ad avere una visione d'insieme. Questo per dire quanto sia difficile la conoscenza del mondo contemporaneo e quanto occorra essere umili di fronte a una realtà globale in continuo movimento che disconnette lo spazio dal tempo, alterando la nostra percezione delle cose… Le nuove tecnologie possono modificare per davvero le relazioni tra le persone. Si pensi alle relazioni virtuali, ai social network e alle molte possibilità di comunicazione offerte dalla rete. Bisogna però stare attenti a non creare nuove mitologie, come si è fatto di recente con le rivoluzioni nei Paesi arabi, il cui successo è stato da molti attribuito alla forza della Rete… Anche l' universo delle nuove tecnologie avrebbe quindi bisogno di un’antropologia critica”.
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