venerdì 24 febbraio 2012
L’etnografia nei luoghi virtuali, metafora della produzione di conoscenza antropologica
Può apparire insensato parlare di luoghi virtuali e cyberspazi in una prospettiva etnografica ma il ‘terreno’ antroplogico è il luogo naturale in cui si effettua lo studio delle culture: “il terreno è, per definizione, un luogo dove l’antropologo svolge il suo mestiere di osservare e comprendere i comportamenti, le rappresentazioni e i saperi degli ‘altri’, dove cioè fa ‘etnologia’ o ‘etnografia’, in quanto studio concreto di contesti di culture” sostiene l’antropologo Mariano Pavanello. Il terreno, secondo lui, è da ritenersi sia il luogo reale dove l’antropologo va per effettuare la pratica etnologica, sia una metafora della ricerca antropologica in quanto esso è insieme “il viaggio, il luogo dove si conduce la ricerca e la ricerca etnografica stessa”. Proprio perché il terreno è sia un luogo fisico, sia un concetto, esso può non essere necessariamente un luogo reale e lontano così come tradizionalmente avveniva in passato nella ricerca antropologica: “un tempo il terreno era un altrove necessariamente esotico, selvaggio, lontano culturalmente e spesso anche geograficamente, dal consueto mondo civile” continua l’antropologo. Se il terreno antropologico, come afferma Pavanello, si considera come una metafora della ricerca antropologica, allora si può affermare che nel terreno l’antropologo attua un’esperienza personale in un altrove che in certi casi non ha bisogno del viaggio fisico. Esso può quindi essere un luogo virtuale come Internet, facilmente raggiungibile anche da casa ma che è allo stesso tempo veicolo di alterità del tempo e dello spazio, “un luogo ‘altro’ dove è possibile avere esperienza dell’alterità, un ‘altrove’ non necessariamente lontano ma comunque separato rispetto alla dimensione della propria vita quotidiana; un luogo magari solo virtuale, come la ‘rete’, in cui si può ‘navigare’ stando a casa. Il terreno in quanto luogo reale, dunque, può venire meno e rimanere oggi soltanto metafora, diversamente dal passato dove tale metafora si sovrapponeva al luogo esotico. La globalizzazione delle comunicazioni, oltre che dei trasporti, ha oggi reso le culture e i luoghi geografici più vicini ed è venuta meno la necessità del viaggio reale. “Il terreno come luogo virtuale è ancora di più metafora della produzione di conoscenza antropologica” sostiene Pavanello. Il vero oggetto di studio è dunque il dialogo, una negoziazione di significato, che si viene ad instaurare con i soggetti che fanno parte della cultura da studiare, mentre un luogo virtuale rimane solo un contesto per attuare l’incontro con gli utenti. Da tale incontro scaturisce l’etnografia, la produzione di significato che Pavanello chiama “incontro etnografico”.
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