lunedì 30 gennaio 2012
I tatuaggi, traccia superficiale del tribalismo contemporaneo
Prendo spunto da “Tatuaggi alla moda, tatuaggi dalla vita” di cui si parla nel blog di Diego 56, per parlare di un aspetto del tribalismo moderno: il tatuaggio. Come è sottolineato dall’autore del blog, che parte dal libro ‘Moby Dick’, una volta in Occidente queste decalcomanie perenni derivavano dalle esperienze in marina e chi ne portava le tracce se li era in un certo modo guadagnati, vivendo una vita avventurosa. Oggi, specialmente i giovani, esibiscono tatuaggi decorativi (animali, tribali, segni gotici) in varie parti del corpo. Nel blog si sostiene che siano “tatuaggi veri ma anche finti perché mancano dello spessore del tempo”; incarnano un aspetto ornamentale, un vezzo estetico ma non una vita, un passato, un’avventura. “Questo desiderio di tatuaggi nasconde la nostalgia di avere una vita più piena di significati; questi segni stanno soltanto sulla superficie della pelle, ma anche della vita… Sono semplicemente un fenomeno di costume”.
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venerdì 20 gennaio 2012
La memoria nell’era tecnologica
Ho trovato molto interessanti le riflessioni sulla memoria di Nicola Cara Damiani sul suo blog, che qui riassumo. Afferma che l’evoluzione tecnologica “ha apportato notevoli cambiamenti nel nostro rapporto con l’ambiente, influenzando anche i processi con cui costruiamo la memoria, personale o collettiva”. I supporti di memorizzazione e i loro standard continuano a mutare e alcuni spariranno a breve perché non sono più assimilabili dal sistema e perché non è detto che i dispositivi di lettura di nuova generazione saranno retro compatibili, a dimostrazione che in ogni caso (e anche oggi) la memoria umana è labile. Cara Damiani sostiene inoltre che “anche Internet è un’altra memoria labile: i siti spariscono, le informazioni cambiano e le wayback machine difficilmente riescono a recuperarle”, sebbene le persone si affidino sempre più alla Rete come a una memoria personale esterna. Questo fenomeno non riguarda una menomazione delle capacità cognitive ma una nuova gestione dei ricordi; “l’attenzione non è più sul dato da ricordare, ma su dove trovarlo; non è più necessario immagazzinare l’informazione, almeno a livello personale, quanto classificarla. La memoria così non si stratifica in relazione al tempo trascorso ma al contenuto. Non è la sequenza dei ricordi a scandirne la solidità e la veridicità, ma la relazione che essi hanno con il resto delle informazioni”. La memoria e la conservazione dei ricordi hanno rappresentato in ogni epoca e per ogni popolo una necessità; i nostri antenati scrivevano e disegnavano sulle pareti delle grotte, oggi possediamo ritrovati tecnologici che immagazzinano dati più o meno organizzati e oggetti che immagazzinano memoria; dice Maurizio Ferraris, professore di filosofia teoretica all’Università di Torino: “il BlackBerry è un oggetto pieno di memoria. Una volta gli oggetti non erano così. Ce n’erano con memoria (per esempio i libri, i dischi, i registratori, i registri) e altri, la maggior parte, senza. I soldi non avevano memoria, erano banconote anonime e non carte di credito o bancomat. I televisori, le radio e i telefoni non ricordavano un accidente. Adesso tutto è cambiato. Facciamoci caso, persino le chiavi hanno memoria. Ormai non c’è oggetto che non possieda una memoria, piccola o grande, ossia che non si riveli in qualche modo intelligente ed eloquente, se interrogato a dovere”.
lunedì 9 gennaio 2012
La teoria di Nicholas Christakis sulla propagazione delle epidemie (sociali) nell’era della raccolta ‘massiva-passiva’ di informazioni
Nicholas Christakis, professore dell'Università di Harvard, è intervenuto nell’edizione 2010 di TED, a Cannes nel giugno 2011, in cui ha parlato della sua teoria, la scienza sociale computazionale, che serve a comprendere il propagarsi delle epidemie anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. In particolare, il professore americano ha studiato le regole matematiche, sociali, biologiche e psicologiche che regolano il tessuto umano e le reti che in esso vengono originate e si è poi concentrato sulle regole che governano la creazione di queste reti, le loro dinamiche e in che modo esse influenzano le nostre vite. Uno dei punti focali di questa teoria sta nella modalità in cui rilevare e soprattutto prevedere le epidemie (intese non soltanto in senso stretto ma riferite ad ogni contagio sociale), individuandone con largo anticipo lo scoppio dei focolai. Nella società le cose, sostiene Christakis, non si diffondono soltanto in maniera casuale ma attraverso reti, al cui centro si trovano alcuni individui; per rintracciare qualcosa che si propaga per la rete bisogna posizionare i sensori su questi individui perché l’epidemia insorge e infetta gli individui centrali prima degli altri. Attraverso di essi e il ‘paradosso dell’amicizia’ si ottiene la rilevazione di qualunque cosa si stia propagando per la rete. Per studiare il propagarsi dell’epidemia sono utili le fonti di informazione, l’interazione via email, le interazioni online, i social network e così via. Secondo Christakis questa è infatti l’era della raccolta ‘massiva-passiva’ di informazioni perché i dati vengono ottenuti passivamente, senza chiedere informazioni. Le nuove tecnologie, infatti, manifestano non solo chi parla con chi ma dove si trovano, cosa pensano in base a quello che caricano su Internet e quel che comprano in base ai loro acquisti. “E tutti questi dati amministrativi possono essere messi assieme ed elaborati per capire il comportamento umano in una maniera senza precedenti; possiamo usare queste conoscenze per migliorare la società e migliorare il benessere dell’umanità” conclude Christakis. PER SAPERNE DI PIU’.
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