venerdì 31 luglio 2009

Una performance multisensoriale

Con il gruppo di Jervis Comba durante gli anni ’80 presso l’Università di Urbino ho fatto esperienze straordinarie a cavallo tra la performance, la comunicazione e contesti esperienziali di frontiera.
Uno degli esperimenti a cui ho preso parte, con cui volevamo testare una diversa percezione attraverso i sensi, si svolse mentre frequentavo la Facoltà di Filosofia a Urbino, la città rinascimentale caratterizzata da viuzze e scalinate che si inerpicano sino alla collina. Ci incamminammo - bendati e di notte - verso questo promontorio al fine di sperimentare le sensazioni che si provano quando si esclude un senso. Volevamo inoltre puntare sul ‘senso’ della fiducia e perciò ci tenevamo spalla contro spalla, in modo da creare un serpentone. Ci avventurammo dentro un bosco in collina dove era molto difficile procedere. Dopo un po’ ci rendemmo conto che cominciavamo a muoverci con più scioltezza nel momento in cui aumentavano la fiducia e la percezione del terreno tramite il tatto e i feedback provenienti dai piedi. Arrivati nel bosco, fitto di alberi e molto scosceso, eravamo molto più confidenti, forse troppo; ci separammo e procedemmo da soli. Ad un certo punto mi scontrai con un albero: l’eccesso di confidenza non mi aveva fatto calcolare che, fra le due mani che tendevo a istintiva protezione, c’era spazio per un albero… Caddi a terra semi-svenuto e qualcuno mi mise in bocca una fragola: fu un evento straordinario perché sperimentavo un contatto sensoriale assolutamente illogico e non programmato.

Giuseppe Mascitelli

giovedì 30 luglio 2009

Max Stirner, filosofo dell’egoismo?

Mi sono laureato nel 1983 in filosofia alla facoltà di Urbino con una tesi su Max Stirner, il filosofo tedesco (morto nel 1856) sostenitore radicale di posizioni antistataliste in favore dell'ateismo, dell'egoismo e di un primordiale concetto anarchico.
Stirner è stato considerato uno degli antesignani del nichilismo, dell’esistenzialismo e soprattutto dell’anarco-individualismo, ma il suo anarchismo, inteso come ideologia a sbocco movimentista, non è mai esistito in senso stretto, perchè le sue idee furono strettamente individualiste e lui non si definì mai anarchico.

Giuseppe Mascitelli

Con-ta-mi-na-zio-ne

Antropologia: è stata la prima disciplina ad evidenziare quanto le culture considerate primitive fossero complesse ed affascinanti e quanto fossero state e sono indispensabili con il loro grande potere contaminante nei confronti della nostra società occidentale, solo in apparenza tanto all’avanguardia.
In questo senso è giusto servirsi di una visione 'antropologica': nulla è in assoluto nuovo ma sempre frutto di contaminazioni tra passato e presente, tra culture differenti, tra il pensiero dell'azienda e quello dell'utente, ecc...

Un cubo nero in memoria di Marshall Mc Luhan

Nel 1980 morì il teorico della comunicazione Marshall Mc Luhan. In sua memoria il mio gruppo di ricerca dell’Università di Urbino guidato da Letizia Jervis Comba (gruppo che comprendeva professori, musicisti, artisti, e personaggi vari – tra questi Franco Battiato e Enrique Ariman, noto per i suoi esperimenti sulla lettura automatica), organizzò una performance denominata ‘In memoria di M. Mc Luhan’.
Fu un evento molto sofisticato, interamente autofinanziato e lo pubblicizzammo affiggendo manifesti a lutto in tutta la città universitaria. Invece di organizzare la solita conferenza stampa, costruimmo un enorme cubo di tela nera trasparente di 6 metri per 6. Dall’interno del cubo la base del gruppo emetteva, durante una 24 ore non-stop, tutta una serie di comunicazioni in diverse modalità: orali, stampate, attraverso note o suoni… Le comunicazioni emesse cambiavano inoltre a seconda delle fasce orarie, con una grande attenzione, infine, per i feedback da parte del pubblico.

Giuseppe Mascitelli

Innovazione significa guardare le cose vecchie con occhi nuovi

Innovazione significa guardare alle cose vecchie con occhi nuovi, come fa l’antropologo, che studia una cultura e mette in atto un processo di autocontaminazione. Questo nuovo sguardo può farci trovare nuove vie.

Giuseppe Mascitelli

venerdì 24 luglio 2009

Lo ‘spirito umano’ all’alba dell’etnografia digitale

Claude Lèvi-Strauss, antropologo e filosofo francese, conferì alla diversità e alla discontinuità della cultura, delle istituzioni, degli usi e delle tradizioni una ‘regolarità e una uniformità’ che spesso sfuggiva alle ricerche etnografiche. Riuscì così a sintetizzare con l’espressione ‘l’esprit humain’ queste caratteristiche universali, le regole che presiedono alla formazione della cultura, del linguaggio e dei rapporti sociali. Da questo parte Michael Wesch, antropologo del gruppo di lavoro di etnografia digitale dell'Università del Kansas, che si interessa all’impatto dei new media sull’interazione umana e al tipo di interazione umana ‘dentro’ i new media: dopo le ‘ricerche sul campo’ di inizio ‘900 inizia ‘l’analisi sociale sul web’. Siamo in presenza di un’etnografia digitale (o antropologia della rete)… Insomma l’antropologia può fare la differenza perché ne tiene conto.
In questo video diffuso da Wesch un bell'esempio di potenziale educativo, di uso della rete e anche di diffusione virale. Si chiama The Machine is Us/ing Us, la macchina siamo noi, anzi la macchina ci usa.

'Crisi della presenza': Neanderthal vs Homo Sapiens

La crisi della presenza, suggerisce De Martino, caratterizza le condizioni diverse in cui l'individuo, al cospetto di particolari eventi o situazioni, sperimenta un'incertezza, una crisi radicale del suo essere storico (della “possibilità di esserci in una storia umana”, scrive De Martino) in quel dato momento, scoprendosi incapace di agire e determinare la propria azione. Partendo da questo presupposto ho ipotizzato alcune conclusioni (pur senza alcun fondamento scientifico) sulla fine dell'uomo di Neanderthal: credo fosse evoluto e in grado di agire sulla natura. Gli capitò poi di incontrare l’homo Sapiens che era molto più veloce e più scaltro. Essendo due prodotti culturali può darsi che abbiano creato l'incontro tra due culture. Ci sono ad esempio culture africane che sono sparite contro ogni previsione… Una specie di suicidio non voluto, forse per la perdita della presenza.

Giuseppe Mascitelli

La cultura dei 'primitivi'

Bronislaw Malinowski, antropologo polacco, nel suo saggio postumo 'Una teoria scientifica della cultura' (1944) spiega il concetto di cultura come 'insieme complesso', accentuandone l’aspetto organicistico e trasformandola in un 'tutto integrato'. Malinowski ritiene che ogni cultura - anche delle società definite 'primitive' - è costituita dall’insieme di risposte che la società dà ai bisogni universali degli esseri umani. Anche le necessità di carattere culturale, come le credenze, le tradizioni, il linguaggio, sono fondamentali per la vita della società stessa. Malinowski, nella sua sterminata ricerca sul campo, trascorse due anni nelle Isole Trobriand in Melanesia, per studiarvi la cultura indigena. L’analisi di tale cultura non riguardò tutti i suoi aspetti, ma si concentrò su uno, il kula, una forma di scambio cerimoniale. Su queste premesse ha potuto basarsi l’analisi di Malinowski per capire l’insieme complesso di cui ogni aspetto culturale è una parte.

venerdì 3 luglio 2009

Le apocalissi culturali

Il costante rischio antropologico che una cultura scompaia diventa una "catastrofe sociale" che porta l'uomo al non poterci essere operativamente e culturalmente nel mondo e di conseguenza anche di non poter avviare nessuna progettazione futura. Per questo motivo De Martino suggerisce che "bisogna guardare alla contemporaneità riferendosi al passato", soprattutto muovendosi in quegli strati più nascosti e profondi della cultura. Ecco le parole in diretta di De Martino: "In questa dialettica fra memoria retrospettiva e slancio prospettico si inserisce la presenza e quindi la cultura e la società in cui si vive [...] poichè queste ultime stabiliscono l’orizzonte di sicurezza dell’esserci...".

Giuseppe Mascitelli

giovedì 2 luglio 2009

Dal NYTimes, le nuove figure del giornalismo

I journo-developer sono le figure più richieste in un mercato che fa i conti con licenziamenti e ridimensionamenti. La sintesi tra le valenze tecnologiche e quelle giornalistiche rappresentano certamente una maturazione nei confronti della tendenza attuale che verte sull'esplosione degli aggregatori di news sul modello Huffington Post. Il loro venire alla ribalta sottolinea con forza, ancora una volta, come la contaminazione e l'accostamento tra una parte tecnologica e una umanistica stia tracciando una strada sostenibile nell'ambito dell'innovazione.

Ernesto De Martino e l’antropologia culturale

L’antropologia culturale, di cui Ernesto De Martino è stato uno dei più importanti studiosi, rappresenta, anche in un’epoca tecnologicamente avanzata, una disciplina ricca di significato per conoscere l’uomo e i suoi punti di riferimento culturali. Al centro del pensiero di De Martino, illustrato nei libri "Morte e pianto rituale", "Sud e magia", "La terra del rimorso" e "La fine del mondo", l’interpretazione del magismo come epoca storica nella quale la labilità di una ‘presenza’ non ancora decisa viene padroneggiata attraverso la magia, in una dinamica di crisi e riscatto. Il concetto della crisi della presenza, approfondito da De Martino in tutti i suoi studi, nasce dai risultati degli esperimenti condotti negli anni ’50 e ’60 nel Sud Italia insieme ad altri studiosi. Ne è un esempio il campanile di Marcellinara.